GHETTO VENEZIANO: STORIA E CURIOSITÀ SUL GHETTO EBRAICO DI VENEZIA
La zona del Ghetto ebraico si trova a Cannaregio, poco distante dalla famosa fondamenta della Misericordia e a quella degli Ormesini, luoghi noti a tutti i veneziani e agli studenti universitari per i numerosi ristorantini e bar dove poter mangiare qualche cicchetto. L’origine del nome è curiosa, perché la parola “ghetto” deriva da “getto” o “ghetto” (appunto), termine che indicava un terreno che si estendeva qui, dove ora ci sono case e campi (le piccole piazze veneziane), in cui sorgevano le fonderie che “gettavano” il bronzo, cioè fondevano i cannoni.
Sappiamo per certo che nel XIV secolo queste fonderie erano qui, ma smisero di esistere agli inizi del XV secolo e nel 1516 venne fondato il Ghetto che per questo è considerato il più antico d'Europa e che continuò a crescere fino al 1663.
Gli ebrei, anche se confinati in una zona della città piuttosto ristretta, erano tenuti in gran considerazione dalla Serenissima anche se erano soggetti a rigorose discipline e, come ai tempi del Nazismo, venivano costretti a portare un segno che li riconoscesse, come una “O” gialla oppure un berretto giallo o rosso. Per legge inoltre gli era vietato esercitare alcuni tipi di “arte nobile”, ad eccezione della medicina, così come alcuna arte manuale quindi Venezia non potevano possedere nulla in termini di edifici né svolgere sostanzialmente alcun mestiere a parte prestare denaro o fare i medici.
Il Ghetto di notte era sorvegliato, anche per difendere da furti i beni posseduti dagli ebrei. Infatti, le guardie (cristiane) preposte al controllo erano pagate dalla comunità ebraica. Le fonderie, al tempo, erano circondate da mura, che sono poi servite a confinare la comunità ebraica dopo la mezzanotte. Le porte venivano chiuse e ancora oggi possiamo vedere dov’erano posizionate, basta andare in fondamenta Cannaregio, e osservare sotto il terzo portico sulla destra (lasciando il Ponte delle Guglie alle spalle) i segni dei cardini che sostenevano le porte. Fino al levar del sole il ghetto diventava un’isola all’interno dell’isola di Venezia, con una costante presenza armata per evitare ogni possibilità di contravvenzione.
Gli ebrei erano considerati le spie del demonio e per questo pericolose per la popolazione. La loro lingua incomprensibile e strana confermava la loro (presunta) vera natura, oltre al loro bizzarro modo di vestire e i loro riti particolari. Ma i veneziani sono sempre stati abili commercianti e riconoscevano l’utilità degli ebrei nel loro lavoro di usurai. I cristiani non avrebbero mai potuto esercitare questa professione, perché vendere denaro equivaleva a vendere del tempo, ed essendo il tempo appartenente solo a Dio a loro non era accessibile.
Dal canto loro, gli ebrei erano ben consapevoli che anche per la loro religione era peccato vendere denaro, ma pur di sopravvivere in una Venezia ben più difficile di quella che conosciamo oggi, si giustificarono proibendo le pratiche di usura tra ebrei, ma non con i cristiani.
Oggi la situazione è fortunatamente molto diversa, perché la comunità ebraica ha trovato il suo posto all’interno dell’ecosistema veneziano, vivendo in completa armonia con il resto della popolazione, ma mantenendo vive le proprie tradizioni, i propri negozi di dolci (favolosi), le sinagoghe e tutto ciò che gira intorno al loro credo.
Cosa vedere nel Ghetto Veneziano
Preparatevi ad entrare in un mondo affascinante, che sembra quasi fuori Venezia, sembra vivere di vita propria, ma indossando i vestiti di Venezia, con i panni appesi alle finestre e i bambini che giocano a pallone nei campi.
Le sinagoghe
Appena arrivati al Campo del Ghetto Nuovo, c’è un gioco che fanno tutte le guide turistiche: chiedere quali di quegli edifici di fronte ai visitatori nasconde una sinagoga. Nessuno indovina, ma è proprio questo il bello. Anche i palazzi del Ghetto Veneziano sono delle normalissime case Veneziane. Sì, in effetti qualcosa di diverso ce l’hanno, sono molto più alti dei normali palazzi della città, per il semplice fatto che dovevano contenere il maggior numero di persone possibile sviluppando gli edifici in altezza.
Ma tornando alle sinagoghe, il modo per riconoscerle è osservare le finestre: tutti gli edifici che hanno cinque grandi finestre (a rappresentare i cinque libri della Torah) sono sinagoghe, chiamate a Venezia "Schole", cioè "luoghi di riunione". Nel Ghetto ce ne sono cinque;
1. La Schola Grande Tedesca (Schola Todesca)
2. La Schola Canton
3. La Schola Levantina
4. La Schola Spagnola
5. La Schola Italiana
Nel Ghetto c’è anche il Museo Ebraico, proprio in Campo del Ghetto Novo, che si concentra sulla vita degli ebrei all’interno della città di Venezia.
Il banco dei pegni
Ma c’è un’altra curiosità nel Campo del Ghetto Novo e si nasconde sotto i portici, vicino al ponte. Qui sotto si trova l’ultimo banco dei pegni rimasto: il banco rosso.
Originariamente ce n’erano altri due, quello verde e quello nero, ma non sono arrivati fino ai nostri giorni. Non che si veda granché in questo banco rosso, ma il fatto che la sua insegna sia ancora lì e ancora visibile, è come se ci legasse al passato e ci porti indietro nel tempo ad immaginare un campo pieno di persone vestite con il tabarro nero entrare ed uscire da questa porta.
Uno dei motivi per i quali preferire il quartiere di Cannaregio a quelli più turistici intorno a Rialto o San Marco è che ancora, in queste zone, è possibile assistere a delle scene di altri tempi. In questa foto potete vedere due signori comodamente seduti fuori da un negozio a "prendere aria", intenti nella lettura del giornale quotidiano in calle del Ghetto Vecchio.
Un tempo tutto ciò era normale: gli spazi angusti abitati da famiglie numerose, la mancanza del condizionatore, gli alloggi popolari scarsamente illuminati perché collocati a piano terra senza luce artificiale ... rendevano la pratica del "prender aria" il sistema migliore per godersi appieno il relax oppure svolgere in condizioni di luce migliore il proprio lavoro (si pensi alle signore che facevano i merletti al tombolo a Burano).